Falernia.

Il vinum Falernum si è affermato nella tarda età repubblicana e sicuramente già agli inizi del I secolo a.C. era un ottimo vino se Plinio ci tiene a precisare che «...i vini d'oltremare mantennero il proprio prestigio e questo fino al tempo dei nostri nonni, persino quando il Falerno era già stato scoperto...». Gran parte degli scrittori latini hanno tessuto l'elogio di questo, ma prima di tutti fu Catullo in epoca repubblicana a celebrarne le lodi. Della qualità e della fama da esso raggiunta ne è prova anche il costo elevatissimo: pregnante è la scritta ritrovata a Pompei ove «Edone fa sapere: qui si beve per 1 asse; se ne paghi 2, berrai un vino migliore; con 4, avrai vino Falerno» (CIL IV 1679).

I veri intenditori di Falerno erano in grado di distinguerne ben tre varietà: la più rinomata era il Faustianum, prodotto sulla media collina corrispondente agli attuali territori collinari del comune di Falciano del Massico e Carinola; quello di alta collina, il Caucinum nel territorio corrispondente alla collina di Casale di Carinola; mentre il vino di pianura aveva l'appellativo generico di Falerno (Plin., N.H., XIV 6). La nascita di un ottimo prodotto enologico risale a molto prima della documentazione archeologica, la quale non va più indietro degli inizi del III secolo a.C. o delle citazioni delle fonti tra le quali non va dimenticato il passo polibiano ricordato da Ateneo (Deipn., I 31, d) in cui si accenna ad un buon vino, l'anadendrite, prodotto vicino Capua, probabilmente da identificare con il futuro Falerno. È verosimile che i Greci abbiano introdotto tecniche specialistiche di coltivazione della vite, presso le popolazioni ivi stanziate, abbastanza precocemente anche se solo con l'arrivo dei romani nel IV secolo a.C. ci furono le condizioni generali perché tale produzione, accompagnata da ottime infrastrutture, potesse essere commercializzata in Italia e nel mondo.

Il fossile guida per seguire in epoca romana il nascere e l'evoluzione della produzione enologica nell’ager Falernus è sicuramente l'anfora vinaria. La prima anfora utilizzata dai romani non è nient'altro che un contenitore in uso nella Magna Grecia e preso in prestito come recipiente per trasportare il surplus di produzione provenienti dalle coste Tirreniche.

Tralasciando l'epoca medioevale, per la quale si hanno anche altre fonti che attestano, pur se in modo molto ridotto, ancora la produzione del Falerno, sorprendente è la continuità è la vocazione dell’ager Falernus che attraverso vitigni e nomi ormai trasformati, riesce a generare ancora un prodotto enologico di alto livello. Dal 1989 è stata istituita una zona di produzione di vino DOC che si richiama alla tradizione, e al nome del falerno antico, sotto il nome di Falerno del Massico.

Oggi, dopo oltre due millenni, il Falerno dell’Ager Falernum è ancora protagonista tra i vini prodotti in Campania, si possono trovare tre varietà: il Falerno del Massico Bianco, prodotto con il vitigno falanghina, il Falerno del Massico Rosso vinificato con uve aglianico e piedirosso e con l'eventuale aggiunta minima di vitigni a bacca rossa autorizzati, ed infine il Falerno del Massico Primitivo, utilizzando uve primitivo.

Falernia si pone l’obiettivo di continuare questo millenario percorso, tutelando e proteggendo la Valle del Falerno; puntando esclusivamente all’eccellenza per quanto concerne la qualità e la cura dei nostri vigneti e le tecniche di produzione del nostro vino, dove ogni piccolo dettaglio conta e può fare la differenza se si vuole ottenere davvero un vino straordinario!

  • Fonti: Zannini Ugo, I Fora in Italia e gli esempi campani di Forum Popilii e Forum Claudii, Caserta 2009
  • Zannini Ugo, I vini d'età romana in Campania settentrionale, in Civiltà Aurunca, 75-76, Minturno 2010, pp. 7–19
  • Antonella Amodio vinoway.com